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F. Cenni storici

f.1 Le milizie di Genova

Un tempo, sul Molo Vecchio del porto di Genova, era stata eretta una statua dedicata ad una popolana, tale Maria Buona. La statua in suo onore era detta La Maimona. Nel 1284 i pisani erano sbarcati in porto approfittando delle tenebre e la popolana Maria Buona avvisò le milizie di guardia, salvando la città. I pisani furono catturati e tagliati a pezzetti. A proposito delle milizie di Genova, il servizio era obbligatorio, a turni e completamente gratuito da parte di militari ..."richiamati" che dovevano provvedere autonomamente al vitto ed alle armi , con "archibugi che ponno servire a pigliar beccafichi" come fece notare un commissario di Sarzana.Nei periodi di belligeranza alle truppe locali venivano affiancati mercenari di varie nazionalità sotto contratto. I più richiesti erano i Tedeschi, poi gli Svizzeri ed infine i Corsi. Per il resto, nel '600, risulta che i soldati genovesi percepissero la somma di nove soldi al giorno, mente un operaio dell'edilizia comune ne percepiva ben sedici.Diverso fu sempre il trattamento economico di corpi scelti come i Balestrieri, truppe scelte ben pagate ed addestrate, nonchè odiatissime e temutissime fuori delle mura della città. Racconta il Giustiniani che nel 1245 alcuni di essi furono inviati in soccorso dei milanesi impegnati contro Re Enzo, figlio bastardo dell' Imperatore Federico II e, catturati, "a ciascheduno fu tagliata una mano e cavato un occhio.".Nel 1221 fu d'altro canto un Luogotenente bresciano comandante di forze genovesi, il podestà Lotorengo di Martinengo a fare strappare gli occhi a tutti gli ostaggi in suo possesso a Ventimiglia, vista la resistenza della città a cedere.. Queste storie si intercalano con altre storie curiose, come quella del condottiero genovese Lucino Doria, il quale a Pola fu colpito in pieno viso da una lancia.. Svestitolo, venne messo un altro sul suo cavallo con i suoi abiti e la sua armatura e la Battaglia di Pola del 1379 venne vinta in questo modo. Quella del soldato in Genova resto' sempre e comunque una professione poco redditizia se è vero che, nel 1710, un Magistrato di Guerra fu costretto ad un proclama contro i soldati indigenti: "Chi strapperà a viva forza la robba di dosso ai Paesani o la porterà via dalle botteghe, ruberà fazzoletti ed altre cose nella scarsella, sarà condannato a tre anni di galera."Mauro Salucci©

f2. I genovesi Lomellini a Tabarca.

Nell'immagine: Anton van Dyck. La famiglia Lomellini. Edimburgo. National Gallery of Scotland. Al centro Barbara Spinola, moglie del Doge Giacomo Lomellini, committente dell'opera, a sinistra Nicolò, figlio di primo letto del Doge e protagonista della guerra contro i franco - piemontesi nel 1625 - 27 e l'altro fratello; a destra i due figli di Barbara. Insieme ai Grimaldi, i Lomellini furono i principali artefici dell'insediamento di Tabarca, della quale ressero le sorti fino alla crisi del secolo XVIII. L'origine di Tabarca è avvolta fra storia e romanzo. Fu sen'altro la vittoria di Carlo V con l'ausilio del Doria a generare la necessità della predisposizione di una zona di terraferma dalla quale porre sotto controllo l'Algeria. i Lomellini erano già attivi con la pesca del corallo sulle coste tunisine almeno dal 1494. Lo stanziamento a Tabarca avvenne sia da parte dei Lomellini che degli Spinola. I proventi venivano decurtati di un quinto a favore dell'Imperatore. La sottoscrizione dell'accordo avvenne nel 1544 e comportò il trasferimento immediato di decine di famiglie provenienti sia da Pegli che dai vicini centri liguri. Già nel 1710 l'attività di raccolta di corallo diminuisce e solo la metà dei commerci ivi praticati riguarda il corallo. Sull'isola prende piede la produzione di grano, lana, cuoio, olio e, soprattutto, la florida gestione del riscatto di schiavi cristiani da parte degli ordini religiosi stanziati sull'isola.. Nel periodo di massima espansione l'isola arriva ad ospitare ben 2000 persone.La diaspora del popolo tabarchino verso l'isola di San Pietro in Sardegna fu graduale ed avvenne grazie ad accordi fra il tabarchino Agostino Taglaifico ed i Lomellini. Questo a causa della sempre minore redditività dell'isola.Della lentezza dei trasferimenti approfittarono i tunisni, i quali mantennero in schiavitù per ben quindici anni oltre novecento abitanti. Alla fine, grazie all'interessamento di un guardiamarina genovese, tale Giovanni Porcile, i restanti schiavi furono traslati chi a Carloforte, chi ad Algeri. Un ultimo gruppo di 394 persone, nel 1768, venne trasferito da Carlo III di Spagna sull'Illa Plana vicino ad Alicante. Questi ultimi persero velocemente connotati e lingua genovese.Mauro Salucci©

f3. Ercole ed i Liguri.

La mitologia greco-fenicia racconta gli scontri che Ercole ebbe con i liguri alla foce del Rodano. Gente resistente e cocciuta, che non temeva la morte, al cui capo erano i due fratelli condottieri Albione e Ligure, figli ambedue di Poseidone. Non si trova, sulle prime, il motivo di questi scontri con le popolazioni liguri, ma leggendo Apollodoro, uno storico greco del II secolo a.C., scopriamo che questi avrebbero rubato i buoi al povero Ercole. Coriacei e pure ladri di bestiame. Ercole stava per avere la peggio, quando Giove, il padre ,assistendo alle traversie del figlio, gettò sugli avversari una fitta sassaiola che li decimo'. Da questa selezione nacque la razza ligure.Mauro Salucci©

f.4. Durazzo e lo scafista.

A. Van Dyck, Ritratto di Marcello Durazzo (particolare).Fra i genovesi, non mancavano quelli che, nel XIV secolo, cercavano di fare la loro fortuna con il lavoro di scafista, precisamente partendo dall'Albania, terra gia' all'epoca soggetta a carestie , guerre intestine, fame e morte. Il mercante genovese Manuele de Valente, unitamente al capitano di una nave, schiavizzo' nel corso della traversata dall'Albania a Messina i viaggiatori che avevano gia' pagato la tratta e li c...ondusse a Genova.Florido era il commercio degli schiavi, soprattutto quelli di sesso femminile che avevano maggior valore. Fra questi sfortunati viaggiatori c'era un certo Giorgio Durazzo, il quale venne venduto al "besagnino" Domenico Negro per 40 lire. Giorgio Durazzo, ambientatosi piuttosto bene a Genova, chiese al Consiglio degli Anziani della Citta' , lo status di uomo libero. Il Doge accolse la richiesta. Dopo alcune generazioni, i Durazzo rivestirono piu' volte nientemeno che la carica di Doge ed entrarono nel Libro della Nobilta'.Proprio l'ultimo Doge di Genova, in eta' napoleonica, fu un Durazzo. Cognome ovviamente mutuato dalla citta' d'origine in Albania.Mauro Salucci©

 

f.5 La tattica della casa torre.

Casa Torre in Via San Luca."Il pianterreno serviva da magazzino per i viveri e le armi; nei mesi di pace vi si potevano allestire  delle botteghe, che allora si aprivano direttamente sulla strada con finestre protette da robuste ante di ferro.Ma l'accesso ai piani superiori, con scale a pioli o gradini di legno, leggeri, che si potevano eliminare con facilita',restava severamente custodito e nei muri si aprivano solo delle feritoie...le dimore erano sempre concepite per resistere a qualche assalto:se non a veri e propri combattimenti per strada, almeno agli attacchi inaspettati di predoni o di una folla in tumulto....asserisce Beniamino di Tudela di aver contato piu' di mille torri nella citta' di Pisa ;egli dice anche che a Genova tutte le case sono torri. Ma la casa torre sarebbe piuttosto, e comunque piu' spesso, una casa o un palazzo sormontati da una torre inglobata nel corpo stesso dell'edificio." ( Jacques Heers - La citta' nel Medioevo)Mauro Salucci©

f.6. Iscrizione di Porta Soprana.

All'interno di Porta Soprana è posta un'iscrizione che intima lo straniero: "SONO MUNITA DI UOMINI, CIRCONDATA DI MURA MIRABILI E COL MIO VALORE RESPINGO LONTANO I DARDI NEMICI.SE PORTI PACE TI E' PERMESSO TOCCARE QUESTE PORTE, SE CERCHI GUERRA TORNERAI INDIETRO TRISTE E VINTO". Le mura di recinzione furono portate a termine in un periodo complessivo di cinquantatre giorni grazie al contributo di ...tutta la cittadinanza, clero compreso, che impegnò i propri tesori per fornire alla città le risorse per le fortificazioni.. Ai primi del 1159 iniziò un'apprensiva attesa delle mosse di Federico Barbarossa che comportò un'onerosa messa al soldo di forze armate esperte composte da fanti e balestrieri, oltre ad una milizia di cento uomini scelti e fidati nativi di Genova e dei territori soggetti al Comune.Mauro Salucci©

 

f.7. Il commercio di schiavi.

Nell'immagine : Jean Marot; abiti di alcuni ceti sociali in una allegoria della Città di Genova (Parigi, Bibliothèque Nationale) La società medievale genovese aveva una forte presenza di schiavi, soprattutto di sesso femminile.Nel XII e nel XIII secolo abbiamo una prevalenza di schiavi saraceni, prigionieri prevenienti dalla penisola iberica, "bottino" di operazioni militari. Per avere un'idea de...lle dimensioni di questo traffico, basti pensare che la tariffa daziaria di Genova nel 1128 cita gli schiavi come l'unica merce d'importazione dalla piazza di Barcellona. Vi erano poi schiavi sardi e sarde, tutti razziati nei frequentissimi tafferugli sull'isola fra Pisani e Genovesi. Andando avanti nei secoli, con l'espansione coloniale di Genova, giungono schiavi di civiltà richi, tartari, russi,mingreli, bulgari ed ungheresi. La presenza vivida dello schiavismo femminile nella società genovese fu foriero all'interno delle famiglie locali di notevoli epidosi di disordine, come la nascita di figli di padre ignoto.. Non di rado le schiave erano avviate alla prostituzione. La donna non poteva contrarre matrimonio, nè fare alcun negozio giuridico senza il permesso del padrone. Si trattava di vera e propria merce vivente. Nel 1191 abbiamo addirittura in Genova un esempio di madre e figlia che divengono proprietà condominiale di sedici padroni diversi con le relative quote di possesso.Gli schiavi di sesso maschile venivano utilizzati per lavori manuali, come quelli della terra, con divieto dell'esercizio di un vero mestiere. Questo tutelava il proprietario da una futura concorrenza dello schiavo. In questo quadro abbastanza oscuro per noi che siamo abituati a giudicare la storia, c'è da aggiungere che era abbastanza frequente l'affrancamento degli schiavi, che ciclicamente passavano allo stato di libertà.. Questa apparente libertà era alla fine un vantaggio anche per l'ex proprietario, che acquisiva schiave e schiavi più giovani non avendo più l'onere di mantenere quelli liberati ma il vantaggio di percepire dagli stessi indennizzi rateali per riscattare la propria libertà continuando a godere, il piu' delle volte , di obblighi di servitù, pur in condizioni di libertà. C'era poi il fenomeno degli schiavi in affitto. Il padrone locava la schiava o lo schiavo per un certo numero di anni alla fine dei quali potevano chiedere ed ottenere la libertà.Questo sistema era massicciamente utilizzato per gli imbarchi di personale maschio rematore sulle galere genovesi.Mauro Salucci©

 

 

f.8. Alimentazione e cuochi schiavi.

Nel Medioevo, in Genova come in tutta l' Europa, il regime gastronomico era squilibrato, portando l'organismo umano ad avere scarse capacità di resistenza ad epidemie ed infezioni. Già ai quarant'anni la maggioranza delle persone aveva problemi di dentizione e masticazione. Il problema era trasversale, perche' toccava sia i ceti più poveri che quelli più abbienti. Da un lato, la plebe soffriva di alimenti poco proteici e di squilibri vitaminici, dall'altro, i ceti piu' abbienti, vivendo la vita quotidiana nella convinzione che l'abbondanza di elementi ipercalorici fosse fonte di benessere, si nutrivano in banchetti con abbondanza di proteine , lipidi e zuccheri. In particolare, in questo periodo lo zucchero viene considerato l'elemento prezioso e ricercato per eccellenza. Non per niente, la storiografia moderna, parla in questo periodo di "malattie dei poveri" e "malattie dei ricchi" sempre con riferimento all'alimentazione non equilibrata. La svolta si avrà nei contatti coi mercati d'Oriente, ad esempio con l'introduzione dell'albicocca nel regime alimentare, giunta in Europa attraverso l'Asia Minore. Abbiamo diversi documenti del tempo che riportano ricettari e liste della spesa per banchetti tutti d'impronta ipercalorica, che prevedevano carni di castrato e di manzo, oche, vino greco. Quello che quasi sicuramente diede la svolta alla tavola in Liguria e la rese abbastanza simile a quella che oggi conosciamo fu la contaminazione non solo commerciale, ma culturale di chi lavorava nelle cucine, anche se oggi non ne abbiamo prova. Questo perchè i cuochi nelle case genovesi erano schiavi ed analfabeti, incapaci quindi di lasciare note scritte o ricettari.Per questo le origini dell'antica cucina ligure si perdono nel buio. Anche se , per scriverla con Paolo Lingua, spesso i mongoli erano impiegati in cucina per la loro abilità, nella Repubblica, e proprio la cucina orientale maestra nei ripieni di pasta, ci ha tramandato quasi sicuramente il nostro pansoto.Mauro Salucci©

f.9. Genova e la  ricerca del suo spazio vitale.

Genova è per la sua natura morfologica e geografica portata allo sbocco sul mare. Quasi priva di pianura e territori in cui espandersi, visse appieno intorno all'anno mille di un desiderio espansionistico che partì dalle tre "marche" quella Arduinica, quella Aleramica e quella Obertenga che spinge anche la gente dell'Appennino ad avere la curiosità verso quella tavola di mare aperto fino ad allora quasi esclusivo dominio dei poteri islamici. E' questo irresistibile istinto ...che porta i liguri all'organizzazione della penetrazione in mare con l'avallo ed il costante supporto della Chiesa. Nell'XI secolo vi è si il contrasto con l'Islam, ma anche la suggestione sui genovesi del contatto con usi e costumi assai più antichi. Possiamo affermare che il contatto con l'Islam fonda la civiltà genovese, suggestionata inevitabilmente da un civiltà estremamente progredita. In pochi decenni avviene grazie alla Prima Crociata una osmosi per cui l'infedele da combattere diviene sovente un socio in affari e gli stessi Crociati personaggi che tardano a tornare nei paesi d'origine, soggiogati da condizioni favorevoli non solo in senso economico. Questi fatti ci sono narrati da uno storico di prim'ordine, il Caffaro, che nacque nel 1081 in Valpolcevera ed a Genova morì nel 1166. Lo stesso Torquato Tasso, nel descrivere le eroiche gesta di Gugliemo Embriaco nella guida della flotta ad Antiochia (1098) Giaffa e poi a Gerusalemme, dove vinse le resistenze delle mura con torri mobili , si basa sulle dettagliate storie degli Annali del Caffaro. Poche civiltà come quella genovese possono vantare un partire della loro vera storia in ambiente d'oltremare. Il Mediterraneo diviene una pianura della quale in definitiva essi ottengono l'appannaggio. Tralasciando la seconda crociata in Medio Oriente alla quale non parteciparono, abbiano quelle degli anni 1146-1148 di Almeria e Tolosa, quelle del 1187, 1219, 1248, 1270. L'oltremare è ormai la pianura di Genova. Gli ordini militari che assicurano sicurezza ai cristiani nel viaggi per mare e per terra verso il Santo Sepolcro, trovano alla Commenda di Prè un punto di assistenza e cura conosciuto in tutto il bacino mediterraneo.Mauro  Salucci©

f.10. Genova , Roma , le Crociate e le donne.

Le origini di Genova sono antichissime, probabilmente più antiche di quelle di Roma. La posizione geografica porto' questo punto topico ad essere un'intersecarsi di razze, persone di ceti ed etnie differenti che erano di passaggio. Un luogo privo di confini in cui l'unica cosa ordinaria era lo scambio, il traffico, i viaggi. Da cui l'attecchire di un territorio fertile per la prostituzione che sicuramente giungeva anche e soprattutto da terre lontane. Genova fu un punto di partenza delle Crociate. Basti pensare che nel 1118 un contingente partì con ben 1500 donne di guarnigione (come le chiamera' Napoleone) al seguito. Fu giocoforza, secoli prima, per Genova, assoggetarsi alla gestione della "polis" romana, inarrivabile nella sua capacità organizzativa per quello che era un importante ma semplice luogo di traffici commerciali, senza alcuna pretesa legislativa o politica. Nacque così la suddivisione delle prostitute in "nonarie" (che erercitavano di notte), le "blitidae" (handicappate), le "copoe" (solite frequentare le osterie), le fororiae (frequentanti la periferia), le "bustuariae" ( frequentatrici di cimiteri), le "diobolariae" (si accontentavano di due oboli), le famosae (superpagate) ed infine le "casoritae" (esercitanti nell'abitazione di proprietà). Durante il regno dei franchi di Teodeberto, nel 539 e poi nel 643 con i Longobardi di Rotari, arrivarono legislazioni repressive a proposito. Ci sono volute le canzoni di de Andrè sul tema , come "Bocca di Rosa" o "Via del Campo" per rinverdire, a secoli di distanza queste pratiche che altro non sono se non uno specchio della povertà umana in terra, aldilà di ogni ipocrisia.Mauro Salucci©

f.11. Genova ed il Congresso di Vienna.

Nel dipinto di Felice Guascone custodito presso il Museo del Risorgimento, l'indipendenza perduta della Repubblica di Genova. Acquisto di Roberto Pittaluga, anno 1927.Tutti i diritti riservati. Nel 1815 il Congresso di Vienna assegnò Genova e la Liguria al regno di Sardegna . Il Piemonte da secoli era stato il nemico per eccellenza della Repubblica. L'annessione venne vista come un'umiliazione inaccettabile. Ben conscio della situazione pericolosa, il regio governo insediò be...n 7000 soldati sul territorio, a fronte di una popolazione di ottantamila abitanti circa. Inutile dire che all'atto dell'annessione la sussistenza della popolazione locale era stata ridotta ai minimi: si contarono ben seimila poveri affamati e tremila mendicanti , con una percentuale di analfabetismo intorno al 50 per cento. L'Albergo dei poveri forniva sussistenza a 1200 persone come capienza limite occupandosi dei problemi ospedalieri e dell'insegnamento di attivita manuali, oltrechè scolastiche . Le scuole elementari vennero istituire solo nel 1859. Un sistema sanitario locale al collasso. Solo durante l'epidemia del 1854 morirono al Pammatone oltre 3500 malati su 5000 circa. Circa 40 bambini su 100 non superavano l'infanzia. Un sistema di polizia basato sulla delazione falcidiava indistintamente cittadini e addetti agli organi di stampa che facessero propaganda anti Savoia, come Francesco Bartolomeo Savi, direttore di "L'Italia del Popolo" che morì durante i dieci anni di lavori forzati comminatigli dal regime. Solo in prossimità dell'impresa dei Mille il decennato di Cavour modificò i rapporti con Genova, pur facendogli affermare che i genovesi sono (scriveva in francese) "d'une mèdiocritè dèsesperante".Mauro Salucci©

f.12. Arcivescovo doge o pirata.

E' d'attualita' parlare della politica come di un mezzo per ottenere il benessere, senza troppi compromessi, in modo piratesco.A volte queste storie si intrecciano con il mondo scandalistico. La Genova del '500 non fu indenne da questa sorte bizzarra. L'Arcivescovo e Doge di Genova Paolo Campofregoso, intraprese l'attivita' di pirata trafugando quattro navi ancorate nel porto, fuggendo dalla citta...' e spargendo in seguito il terrore nel Mediterraneo. Il Doge, aveva una carica solo apparentemente ambita. Usciva cinque volte all'anno da casa, per funzioni religiose, e percepiva una miseria di compenso. Meglio fare il pirata. Pietro, anche lui della famiglia Campofregoso, intraprese la medesima carriera, razziando nientemeno che i beni del Re di Francia. Terminata la sua carriera di pirata, fu fatto Doge. Evidentemente, l'arte del riciclo per i peccatori che piu' peccano meglio alloggiano, non è cosa recente. Ultima nota scandalistica : venne affidato ad Andrea Doria il compito di catturare Dragut, terribile Corsaro dell'Asia Minore che con i suoi attacchi a sorpresa, danneggiava i traffici mercantili di Genova e dei suoi alleati. Andrea Doria riusci' a catturare il pirata. lo porto' in carcere ma le scritture malevole del tempo, lasciano intendere che la moglie di Giannettino Doria, non ne disprezzasse le qualita'...Mauro Salucci©

f.13 . La resa nazista a Genova.

Il 23 aprile tutti i capi della Resistenza del C.N.L. hanno in mano una busta chiusa. Dentro alla busta, c'è un santino , che indica la chiesa dove si terrà l'incontro per prendere decisioni drastiche sulla liberazione di Genova dai nazisti. Al pomeriggio viene dato il via: le buste vengono aperte. Il Santo è San Nicola . Alle 20.30 nella chiesa omonima Taviani presiede la riunione. Passata l'una del giorno successivo si scende dalle alture ed alle quattro si iniziano ad udir...e in città i primi spari. E' un attimo ed esplode la rivolta. Frotte di popolo scendono nelle strade, accerchiando il Comune, la Questura, le Carceri. Dai giorni dell'insurrezione del Balilla non si assisteva ad uno spettacolo simile.Il conto dei morti sara' pesantissimo: centinaia, più quelli italiani che quelli tedeschi. La battaglia più dura ed impegnativa si combatte proprio in Piazza De Ferrari. Il comandante tedesco Meinhold, che ha il quartier generale a Savignone, prima minaccia di far bombardare la città da Monte Moro, poi tratta la resa recandosi a bordo di un'ambulanza a Genova dove cede le armi. Intanto Hitler da Berlino freme di sdegno e condanna verbalmente a morte il suo ufficiale. Taviani annuncia "Uccideremo come criminali di guerra tutti i prigionieri tedeschi, non appena la prima cannonata venisse sparata sulla città". La mattina del 26 aprile 1945 il proclama :"Genova è libera. Genova è libera.Popolo genovese esulta! per la prima volta nel corso di questa guerra un corpo d'esercito agguerrito e ben armato si è arreso al popolo, al popolo genovese".Mauro Salucci©

f.14. La Spedizione dei Mille.

(Gerolamo Induno. La partenza del garibaldino. 1860. )Il 5 maggio 1860 a Quarto al Mare , comune genovese , parte la Spedizione dei Mille. La partenza di questi mille uomini dei quali solo una minima parte era composta da liguri, aveva avuto una lunga gestazione. L’incontro cruciale fra Garibaldi e Mazzini in cui per la prima volta si parlò della spedizione fu in un pranzo a Londra, in un appuntamento diplomatico a cui anche Garibaldi era stato invitato in una sua sosta di navigazione, un pranzo repubblicano dell’ambasciatore statunitense Buchanan. In quell’occasione i due si appartarono ed iniziarono a parlare in un dialetto genovese strettissimo. Alla fine dell’incontro Garibaldi si disse scettico, ritenendo le Due Sicilie in quel momento non pronte ad un clima di tipo rivoluzionario. Le vite di questi due personaggi percorreranno strade diverse, accomunate costantemente dal fine da raggiungere. Oltre confini Garibaldi ha dal mondo anglosassone un appoggio smisurato. Quando approda a Marsala con i suoi uomini, in rada vi sono navi da guerra britanniche. L’ammiraglio Mundy impone ai napoletani di non aprire il fuoco fino al completo reimbarco del suo equipaggio. Avrà a dire Garibaldi di quell’episodio “…beniamino di cotesti signori degli Oceani, fui per la centesima volta il loro protetto…” Il centro storico di Genova, il mondo delle liquorerie e dei camalli, invece è tutto schierato con i dettami mazziniani. Saranno queste persone ad accogliere i primi garibaldini feriti, a volte pesantemente mutilati, di ritorno nella Madre Genova, a dare loro accoglienze e cure.Mauro Salucci©

f.15. Giacomo Lomellino ed il cannone.

Che il popolo genovese sia sempre stato da prendere "con le molle" si è sempre saputo. Gente risoluta, determinata, a volte anche un poco rude. Soprattutto ribelle e diffidente con i potenti. Chi voglia averne una conferma, passando in Via San Lorenzo, al nr. 5 sui muri della loggia del Palazzo Centurione Gavotti (ex Rolli), trovera' un bassorilievo raffigurante il popolo, Giacomo Lomellino ed un cannone. Il 5 dicembre 1746 fu il giorno memorabile della cacciata degli aust...riaci da Genova. Un mese dopo, in citta' giro' voce che i senatori ed il Doge si fossero riuniti in Palazzo Ducale per avviare una trattativa con gli austriaci.Fu un attimo. La folla si infiammo' e circondo' lo stabile, costringendo i politici a far serrare in tutta fretta il portone. Visto che i signori non intendevano dare spiegazioni, sbuco' dal nulla un cannone, probabilmente sottratto proprio agli austriaci, che venne puntato contro l'entrata di Palazzo Ducale. Si legge che l'unico che ebbe il coraggio di uscire, fu il nobile Giacomo Lomellino, raffinato oratore e cultore di Menenio Agrippa, il quale intrattenne oralmente la folla fino a farla desistere dai suoi propositi bellicosi. Ancora oggi, la vicenda è ricordata dal bassorilievo del loggione in Via San Lorenzo 5 e la saggezza popolare, ha coniato il proverbio "O Lomellin a l'à averto o portego" per riferirlo a qualcuno che viene condotto a ragione. Con le buone...o con le cattive. Mauro Salucci©

f.16. Un russo a Genova.

Un ambasciatore di cui non è dato conoscere il nome, all'epoca dello Zar Pietro, nel 1698, scrive nel suo Diario (statejnyj spisok), restando sbalordito dall'organizzazione genovese in ambito portuale e bellico: """Quando siamo arrivati c'erano venti navi e sempre pronte, otto con 32 remi, con marinai turchi e arabi prigionieri e gente del posto in punizione."""Mauro Salucci©

f.17. Genovesi nel Mar Nero.

La carta di Jacopo Maggiolo, che nel 1544 sostituì il padre Vesconte come cartografo ufficiale della Repubblica di Genova ben evidenzia, in due fogli membranacei uniti le coste del Mediterraneo, del Mar Nero, del Mar d'Azov e dell'Atlantico a partire dall'area scandinava fino al Golfo di Guinea. Con il trattato di Ninfeo del 1261 la penetrazione di Genova nel Mar Nero si fece imponente, con una massiccia migrazione di persone che creavano insediamenti marittimi dal mare d'Azo...v al Golfo di Odessa. Caffa fu la concretizzazione più lampante della presenza dei Liguri nella zona. In quei luoghi è possibile fare raffronti architettonici che lasciano sbigottiti per la somiglianza fra le muraglie di Balaklava (Cembalo) ed il Castello di Monte Orsino di Noli, oppure fra la città di Sudak (Soldaia) del Mar Nero ed il Castello di Portovenere. Anche a livello climatico la penisola di Crimea presentava e presenta tutt'ora similitudini che la resero attraente per le genti liguri.Poichè la Crimea fu possedimento tartaro, fino alla fine del XIV secolo furono usate monete tartare, periodo dopo il quale le monete furono forgiate con incisioni per metà genovesi e per metà tartare.Mauro Salucci©

f.18. Il gioco del Seminario.

Il gioco del Lotto nacque a Genova. Ne troviamo le tracce presso l'Archivio Storico di Genova, aprendo le filze di documento ormai ingialliti e tenuti assieme, appunto, da filze (buchi) al centro che venivano archiviati legandoli tramite due copertine rigide, una da una parte ed una dall'altra. Aprendo una di queste filze ingiallite e delicatissime dell'anno 1526, si trova un proclama che comunica... alla popolazione che il sabato seguente non si giocherà al Lotto, essendovi la concomitanza con la festa di San Giovanni. Nell'anno successivo, il 1527, si scrive della ripresa del gioco, dopo un periodo di pestilenza, comunicando dove si potranno trovare i banchi per giocare. Viene precisato che "presso ciascun banco si troverà un notaio incaricato di raccogliere il denaro e di scrivere i nomi di tutti coloro, genovesi e forestieri, che si presenteranno a giocare." In una filza del 1617 troviamo la condanna del lotto clandestino, una piaga sociale mai placatasi. Dei proventi derivanti dal lotto, oltrechè da quelli derivanti dalla prostituzione nei postriboli, si occupavano i Padri del Comune, lo stesso ufficio che sovrintendeva le attività portuali. I proventi di queste attività venivano successivamente reinvestiti dai Padri in opere pubbliche. Mauro Salucci©

f.19. La croce della famiglia Zaccaria, i detentori dell'allume.

Genova è una città che sorprende, per come nasconde i suoi tesori, dal Mandylion di San Bartolomeo degli Armeni, che per anni rappresentò l'unica immagine di Cristo, ad una meraviglia come la Croce degli Zaccaria, facente parte del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo. Stiamo parlando di un reliquiario che già nell'Antica Genova veniva portato in processione nei giorni dell'invenzione della Croce, del Corpus Domini e di Sant'Antonio abate e delle celebrazioni della Settimana Santa. Inoltre veniva utilizzata nelle cerimonie di benedizione del doge. Donata a Genova dalla famiglia Zaccaria nel XIV secolo, conterrebbe due frammenti della croce di Cristo. Gli attenti esami del CNR di Genova ne fanno risalire la manifattura alla seconda metà del IX secolo in Costantinopoli, capitale dell'Impero d'Oriente. Poi la vediamo transitare ad Efeso ed alla basilica del quarto Evangelista che qui sorgeva, poi nell'Isola di Focea sulla quale i genovesi avevano messo le mani avendo l'esclusiva dell'allume di rocca. E qui subentra la famiglia Zaccaria, che la ottenne dai turchi in cambio di frumento. Ma non era finita, perchè per un certo periodo la reliquia rimase nelle mani dei catalani che poi la resero ai discendenti Zaccaria ed infine a Genova. L'ultimo restauro di cui si ha memoria negli annali è quello ordinato dal vescovo Isacco fra il 1260 ed il 1283. La croce, in argento, ha incastonati camei di pietre preziose, zaffiri, smeraldi e perle.Mauro Salucci©

f.20. Traffici di carne.

La posizione geografica di Genova rappresentò sempre un capestro, oltre che una garanzia per la propria indipendenza. In particolare per quello che riguardava alla fine del 1600 una città in piena evoluzione, che per i suoi fabbisogni alimentari necessitava di un continuo conferimento di bestiame da macellare. Il tipo di consumo alimentare era mutato fortemente rispetto al periodo medievale: era costante l'afflusso di viaggiatori, pellegrini, rappresentanze di altri stati che... dovevano essere soddisfatti con un'offerta alimentare accettabile. Si iniziò ad importare bestiame anche dalla Germania, spesso anche più a Nord. Nacque così, per dare una mano, il contrabbando di bestiame, praticato perlopiù da schiavi nell'ambito della Darsena.Capi di bestiame venivano issati a viva forza, con imbraghi, sulle mura e scaricati all'interno della città. Il Governo ed i governatori erano a conoscenza di questo tipo di traffico, al quale reagivano con rassegnazione, non bastando esso stesso a soddisfare il fabbisogno. Intanto le gabelle sul traffico legale di carne continuarono ad aumentare, creando una ferita economica alla quale i protettori della Casa di San Giorgio non sapevano porre rimedio. Intanto, nella Darsena, patria del commercio di schiavi, ci si organizzò e si iniziò, naturalmente con il beneplacito degli aguzzini interessati, addirittura a macellare le bestie. In questo disordine di posizione, che è tutto genovese, nel nome degli interessi privati, troviamo il padrone che entra in società con lo schiavo, poi la guardia addetta ai varchi che acquista carne di pecora a 32 denari la libbra anzichè ai 42 dei mercati di Soziglia e Canneto.Nulla poterono le grida dei gabellieri contro il brulichio di attività illecite intorno alle mura cittadine: era nato il contrabbando come malavita organizzata.Mauro Salucci©

f.21. Passaggio verso Oriente.

Un secolo e mezzo prima di Cristo iniziavano i lavori dell' antica Via Romana Postumia, che tutt'ora congiunge in un percorso di 320 miglia romane (475 chilometri) Genova ad Aquileia. A parlarne è già l'Antica Tavola del Valpolcevera, il più antico documento che parli dei liguri. Salendo da Granarolo, passando dal Garbo, sopra a Rivarolo si inizia questo percorso ideato dai Romani per i contatti tra una parte (quella adriatica) e l'altra (quella tirrenica) della penisola.... Viene da chiedersi perchè la strada giungesse in Genova, che all'epoca era un piccolo borgo. Sicuramente era già importante all'epoca, per i romani, avere un percorso certo come strada militare, fino ad avere più tardi , ragione di quel popolo dei "Liguri" che tanto li fecero penare e dei quali riuscirono ad avere ragione solo con la deportazione forzata nel Sannio. Solo nel 2004, in occasione del titolo di Genova quale capitale della cultura, il percorso fu corredato da cartelli esplicativi che tutt'ora indirizzano l'escursionista nell'affascinante percorso verso Oriente.Mauro Salucci©

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