G. La città moderna.
g. la posa della vasca della fontana di piazza De Ferrari
E' il primo zampillo della fontana di piazza De Ferrari: sono le due di notte del 25 aprile 1936 e le forze di polizia a stento riescono a contenere la folla entusiasta. Sotto il magnesio dei fotografi ci sono il podestà Boldrini, il prefetto Albini ma soprattutto l'ingegner Piaggio, che fece dono alla città della fontana. La fontana in bronzo era partita la notte del 24 dai cantieri del Tirreno , alle Grazie, scortata dai vigili urbani ciclisti ed aveva fatto il suo ingresso nella piazza alle 23, accolta dall'ovazione della folla. Diventerà uno dei simboli della città.
g.2. Il Palazzo dei Giganti.
Al numero 14 di Via XX Settembre troviamo il Palazzo dei Giganti, forse l'edificio più sontuoso dell'intera via. Fu innalzato nell'anno 1896 dall'Impresa Carbone e Repetto ai quali alfine si associo' l'ing. Carlo Fuselli. Il tratto distintivo del palazzo è costituito dalle otto cariatidi scolpite da Michele Sansebastiano (1852-1908) che esegui' l'opera nel 1906.Del Sansebastiano è anche l'opera custodita nella chiesa delle Vigne raffigurante Cristo e San Pietro. Pregevole anche lo scalone del palazzo.Mauro Salucci©
g.3. La chimica a Genova.
Ebbene si, anche l' Amuchina nasce a Genova, precisamente nel 1939 viene scoperta come soluzione disinfettante a base di cloro ottenuta mediante difficili processi chimici di elettrolisi di cui il Gruppo Eridania di Genova fa subito suo il marchio in esclusiva. La caratteristica di questa grande scoperta è quella di ottenere un'azione disinfettante priva di effetti collaterali sui tessuti umani. Nessuna irritazione, possibilità di intervenire su bruciature ed ustioni. Eccel...lente nella disinfezione di oggetti e panni per neonati, oltre che per il lavaggio di frutte e verdure. La storia di Amuchina è tutta genovese e va fatta risalire per la precisione a Sarissola, nei pressi di Busalla, dove ebbe i suoi natali Pietro Giavotto ed il figlio Giorgio Giavotto storico amministratore delegato e presidente dell'azienda Amuchina, il quale, alla sua morte avvenuta il 17 ottobre 1999, cedette l'attività all'interno della famiglia al figlio Ludovico. Dalla scoperta avvenuta nel 1939, si giunse nel 1945 a rilevare il pacchetto azionario ed a trasferire l'attività in territorio lombardo, precisamente a Milano, ma nel giro di qualche anno l'attività torna a casa, sempre nei pressi del genovesato, a Casella. Un altro successo, tutto locale che il mondo ci invidia, spesso nell'ignoranza degli stessi genovesi.Mauro Salucci©
g.4. Lo sbancamento di Via Dante.
Via Dante nacque dallo sbancamento dei piani di Sant'Andrea. In questa prima fase, furono rinvenure settantatre tombe di epoca preromanica di origine gallica, fenicia, greca ed etrusca, segno della vitalita' della antica Genova in quella zona. L'operazione di demolizione rase al suolo la zona della Piazza di Ponticello. il Ponticello era una zona elegante ed assai apprezzata, contraddistinta da un... torrente, il Rio Torbido, che la attraversava e sulle cui rive era posto un piccolo ponte, detto anche Ponte "delle conchette", perchè erano numerosi in zona i laboratori di ceramica e nel rio venivano gettati gli scarti di produzione. Da qui deriva un detto dei nostri avi "O no là mai passòu o ponte de conchette" riferito a colui che era restio ad andarsene da Genova.Mauro Salucci©
g.5. Vico del Corallo.
Chi passa in Vico del Corallo, fra via San Vincenzo e Via Varese attraversa oggi una stradina con portoni chiusi, con scritte VENDESI ed i muti offesi da bombolette spray. Le porticine dei locali a piano strada, con a livello superiore feritoie in ferro battuto, tradiscono un'antico commercio e lavorazione tipicamente genovese: qui veniva trattato il corallo. Il fiorentino Fazio degli Uberti, nel suo trecentesco "Dittamondo" scriveva "lo mar ligure ingenera corallo. Nel suo fondo a modo d'arboscello" Le zone di pesca più appetibili erano quelle dell'attuale Tigullio ed in particolare quelle di Portofino, ma la sede in cui i genovesi prosperarono fu un nome di isola che è ancor oggi leggenda. Tabarca è una minuta isola tunisina dal mare limpidissimo e ricca di corallo nei suoi fondali. La sua storia s'interseca profondamente con quella di Genova. La famiglia dei Lomellini domino' lungamente su questa fortuna, fino a divenirne padrona indiscussa. Fino al 1741, quando i tunisini la occuparono, rendendo in schiavitu' i 900 genovesi che erano rimasti. Solo dieci anni dopo Carlo Emanuele III di Savoia riusci' a negoziarne la liberazione ed a trasferirli in Sardegna, in quella che diverra' la citta' di Carloforte, nelle cui strade ancora oggi la prima lingua è il genovese.Per quanto riguarda il commercio e la lavorazione di prodotto ligure la sua cessaziine quasi totale è da datare intorno al 1750, sia perchè passò di moda il corallo, sia perchè i pescatori liguri trovarono più conveniente e più sicuro spostarsi nell'Adriatico. dove potevano raccogliere gli alberelli sul fondale nel veneziano e nella Dalmazia bel protetti da incursioni piratesche che sovente dirottavano il carico verso altri lidi.Mauro Salucci©
g.6. Un genovese a Parigi.
Nell'ottobre del 1930 Gilberto Govi venne chiamato a Parigi dove, nella "Salle du Journal" andò in scena la commedia in genovese "Pignasecca e Pignaverde". Scrisse Govi di quella serata """Il primo spettacolo era in serata di gala e c'era tutta l'ambasciata italiana e tutte le maggiori autorità francesi. Io e i miei compagni eravamo emozionatissimi, ma quando sentimmo in sala le prime risate ci dicemmo "Siamo a cavallo".""" E così fu, perchè nelle serate successive Govi propo...se a quel pubblico, la cui maggioranza non comprendeva il genovese, in successione le commedie "Parodi & C." e "I manezzi". Scrisse Aldo Celeri su "La lettura": """Nei lavori di Govi la lingua non costituisce un ostacolo alla comprensione di chi non la intende; tale ostacolo non è molto più grave per un pubblico straniero, che capirebbe già poco la lingua italiana. Si direbbe quasi che l'uso di una parlata così poco diffusa abbia obbligato l'artista a sviluppare all'estremo le sue eccezionali doti rappresentative, dominate dalla facoltà di dare con la sola truccatura l'impronta ad ogni personaggio.""" L'anno successivo, il 1931, venne richiamato a Parigi dove diede nuovamente spettacolo, facendo sbellicare le platee del teatro Eduardo VII. La Compagnia di Govi toccò per due settimane anche il continente africano, quando nel '35 fu ospitato a Tripoli da Italo Balbo nel Teatro Audan dove registrò ogni sera il "tutto esaurito".Mauro Salucci©
g.7. Camminare sul marmo In Via Milano .
Il piccone a Genova ha sempre picchiato forte, fortissimo, senza chiedere permesso. Dopo la demolizione delle favolose terrazze di marmo eseguite nel 1836, il secolo successivo si assistette alla demolizione di un altro patrimonio di incommensurabile pregio paesaggistico ed architettonico della Vecchia Genova. Parliamo delle Terrazze di Via Milano. Era un triste 22 marzo del 1933 quando, presente il Podestà di Genova Ing. Broccardi, insieme all'appaltatore dei lavori Garbarino e chissà quanti altri interessati alla pecunia, venne dato primo il colpo di piccone a questa passeggiata sul mare che il mondo ci invidiava. La vicinanza al porto costituiva per marinai e turisti , oltrechè per i cittadini, motivo di godimento e passaparola nella vista sul porto. Le terrazze erano state acutamente progettate per rimanere sopraelevate rispetto alla parallela via di scorrimento delle carrozze e dei tram. La delimitazione lato strada era contraddistinta da grandi catene agganciate a dei cippi, oltre a lampioni a gas con grandi e comode scalinate (scalee). Dalla parte del mare, ringhiere in preziosa ghisa. Ma il piano regolatore incombeva...addio, belle époque.Mauro Salucci©
g.8. Lo sbancamento del Colle di San Benigno
(Nella foto, lo sbancamento di San Benigno nel 1928). Nel giro di appena due anni, fra il 1925 ed il 1926, si assiste alla creazione della "Grande Genova". Vengono annessi al capoluogo ben 19 comuni compresi in un arco costiero di ben venticinque chilometri, fra le vallate del Bisagno e del Polcevera, da S. Ilario a Voltri. Il territorio comunale passa in due anni da 3400 ettari a più di 20.000 con una popolazione di 580.000 abitanti rispetto ai precedenti 335.000. Ma quale... fu il vero disegno che porto' a questo mutamento? Certo un disegno di tipo accentratore, tramite cui il regime fascista cercò di non avere dispersioni di potere sul territorio istituendo a Genova come a Milano capoluoghi con cui Roma , in senso "verticale" potesse svolgere il suo controllo. Lo stesso ragionamento portò alla creazione dei capoluoghi di provincia, che in un'ottica di ramificazione del potere avrebbero consentito una applicazione capillare delle norme repressive di qualsiasi tipo di dissenso o forma di critica. Centrale fu in questo ambito un utilizzo discrezionale della figura del Prefetto, diretta emanazione dello Stato totalitario sui capoluoghi. Mauro Salucci©
g.9. Un ordigno in Cattedrale.
Il 9 febbraio del 1941 l'Ammiraglio inglese Sommerville, a capo della corazzata "HMS Malaya", lancia un proiettile da 381 mm. contro la citta' di Genova, che penetra nella Cattedrale di San Lorenzo e non esplode. Non esplode proprio perche' si tratta di un ordigno per battaglia navale e la spoletta non viene armata da un urto sufficiente. Un proiettile è attualmente custodito all'interno del luogo di culto, vicino ad una scritta: "Questa bomba lanciata dalla flotta inglese pu...r sfondando le pareti di questa insigne cattedrale qui cadeva inesplosa il IX febbraio MCMXLI. A riconoscenza perenne Genova città di Maria volle incisa in pietra la memoria di tanta grazia.""" Sicuramente, l'ordigno custodito nella chiesa è britannico, ma vi sono dubbi sul fatto che sia quello lanciato contro la Chiesa nel 1941. Il quotidiano IL SECOLO XIX, infatti in data 18 febbraio 1941, pubblicava : """Ieri, sotto la direzione delle autorità militari preposte alla difficile e pericolosa operazione, è stato rimosso da S. Lorenzo il proiettile rimastovi inesploso la mattina del 9. A mezzo di una gru costruita appositamente da artiglieri e da operai specializzati nell’interno del duomo, il proiettile a cui era stata tolta la spoletta, è stato sollevato e caricato su un carrello con le ruote di gomma, quindi trasportato fuori dalla Chiesa, dove, a mezzo della gru dei Vigili del Fuoco, è stato susseguentemente trasbordato sopra un autocarro che si è poi diretto al mare. Il micidiale ordigno è stato caricato poi su una chiatta e trasportato al largo, dove è stato gettato in mare.""" E' possibile che il proiettile sia stato successivamente recuperato dal fondale, ma non è dato saperlo.Mauro Salucci©
g.10. Un poeta in vacanza ad Albaro.
Il poeta Guido Gozzano (1883-1916) fu un frequentatore assiduo di Genova, dove soggiornò per lunghi periodi e svariate volte. La salute cagionevole l'aveva addirittura portato ad essere scartato per la partenza al fronte, proprio lui che era un fervente interventista .A Genova frequento' la zona di San Francesco d'Albaro, al circolo della Marinetta (nella foto) ed alloggiando all'Albergo San Giuliano. Si vergognava della sua gracilità e della grazia dei suoi versi, la cui profonda gentilezza traspare da poesie come quella intitolata "Nella Abazia di San Giuliano". Una volta si espose eccessivamente al sole sulla spiaggia e fu colto da un grave episodio di emottisi. Si spense a soli trentatre anni nella sua Torino.Mauro Salucci©
g.11. San Tomaxo.
Cancelliamo dalla mente l'immagine della Stazione Ferroviaria di Genova Principe e riponiamovi l'antica Chiesa di San Tommaso o meglio San Tomaxo come diceva la lingua Genovese. Demolita per fare spazio alla ferrovia, era la chiesa che accoglieva, alle spalle dell' ancora presente Commenda di Prè, il pellegrino che qui giungeva percorrendo l'antica strada Aurelia. San Tomaxo era una chiesa legata alla vita ed al culto di Santa Limbania. Delocalizzata, la chiesa è stata trasferita sulle alture, presso via Almeria, ma quella di San Tomaxo , posta su un promontorio pronta ad accogliere il viandante, era un'altra cosa.Mauro Salucci©
g.12. Un migrante istruito.
Nella seconda metà dell'800 in Genova inizio' ad avere successo un particolare genere letterario, quello della guida dell'emigrante. Le descrizioni di queste guide lasciavano senza fiato in particolare i contadini liguri, abituati ad avere a che fare con un territorio difficile da coltivare, aspro e particolarmente infruttuoso. Alla sera chi sapeva leggere raccoglieva intorno al camino la gente del borgo e raccontava di praterie immense, di cascate , di un'abbondanza di risor...se naturali che facevano sognare povera gente abituata a vivere nelle ristrettezze di un territorio che, per quanto splendido a livello paesaggistico, non offriva, fuori delle mura delle città del litorale, alcuna certezza .Ma non tutti gli estensori di queste guide incoraggiavano ad intraprendere il viaggio della speranza.Pietro Canessa, nel 1898, in una guida pubblicata a Chiavari, descrive la situazione sua e della sua famiglia giunti in America e le difficoltà della lingua, tanto da sconsigliare chiunque a partire senza conoscere l'inglese. La mancanza di conoscenza della lingua, in una popolazione che per la stragrande maggioranza non conosceva manco la lingua italiana, comporto' fenomeni di pesante emarginazione sociale nei luoghi di destinazione. Una guida di Bernardino Frescura, pubblicata a Genova nel 1908, invece, così recita: """Ricordo. Fra le memorie lontane e ormai evanescenti della mia infanzia mi sovviene di una giornata aspettata con grande desio, la vigilia della fiera del mio paese: un martedì di ottobre, che precedeva San Simone. mi riveggo fanciullo, avviarmi alla piazza - con gli occhi incantati, imperterrito al freddolino, foriero delle umide, brumose giornate di novembre, mi riveggo estatico dinanzi ai baracconi dei saltimbanchi, alle giostre, ai casotti che permettevano segrete e sconosciute meraviglie.. ma più attento mi rivedo dinanzi ai cosmorami del Nuovo Mondo insieme ai miei piccoli amici. Attraverso la lente apparivano le pianure americane, stranamente illuminate da un gran sole infocato, che tramontava e saettava i suoi raggi sulle innumerevoli mandrie pascenti e guardate da arditi cavalieri, lanciati al galoppo di una folle ebrezza di una libertà sconfinata..."""Mauro Salucci©
g.13.I Cantunè
La storia dei Vigili Urbani di Genova è di tutto riguardo. In tempi diversi dagli attuali il vigile era colui col quale si aveva un rapporto diretto e collaborativo, una figura amata dai cittadini, tanto da indire una festa, la "Befana del Vigile" nel corso della quale alle pedane venivano accatastati doni in loro onore. Il Corpo dei Vigili Urbani di Genova nasce con la costituzione di un corpo di Cantonieri (da cui il vezzeggiativo cantunè) nel corso di un consiglio comunale... nel pomeriggio del 31 gennaio 1850. La seduta si concluse alle ore 23.30 e venne deciso che i vigili fossero uniti ai pompieri . Dopo quattro mesi venne costituito il Corpo, composto da un capitano, un luogotenente, un furiere, un caporale furiere e 35 agenti dei quali 20 erano pompieri e 15 nuovi assunti. I compiti erano quelli della vigilanza urbana ed antincendio. Dopo 13 anni, nel 1863, i compiti delle due tipologie vigile e pompiere, vennero divise, ma rimase al vigile il nome di cantunè. Ora il vigile cambia il suo nome in Guardia di polizia Municipale. Di "Vigile Urbano" si parla solo nel 1911, con un Corpo costituito da un comandante con due vice, due marescialli 14 brigadieri e vicebrigadieri , 20 vigili scelti e 221 vigili semplici. Alle 4 del mattino i vigili aprirono il grande portone di Palazzo Tursi e iniziarono a distribuire le armi riposte presso il Comando, rendendole disponibili per i gruppi di azione che andavano formandosi nei vicoli del quartiere. Al contempo ebbe luogo la rimozione degli organi amministrativi fascisti; un gruppo di vigili salito al piano nobile dell’edificio destituì gli amministratori che vennero accompagnati nel corpo di guardia. Era il 24 aprile 1945.Nell'occasione del centenario il sindaco Adamoli disse: "Festeggiamo i nostri amici dal casco candido con lo stesso affetto e la stessa gioia con cui celebriamo nella nostra intimità familiare le ricorrenze di casa poichè noi sappiamo che il vigile è qualcosa di essenziale nella nostra vita quotidiana. Per una volta saremo noi intorno ai nostri vigili."Mauro Salucci©
g.13.Il gabibbo e l'interventismo della Prima Guerra Mondiale.
Albaro, 18 maggio 1915.
Cara mamma e caro papà, oggi che era il mio giorno di libertà mi sono recato dal frate Ubaldo di Albaro che si è prestato a scrivere per voi questa lettera. Sono ormai due anni che sono giunto a Genova con la mia valigia verde che ora sta sopra al mio armadio nella mia camera.Qui sono tutti abbastanza gentili con me. Zio Carmelo mi ha aiutato tantissimo, soprattutto all'inizio. Ora vado forte e se continuo così verrò proposto prima o poi cuoco o capoc...uoco. Pensa che qui la spigola la chiamano "luasso" che vuole dire lupo di mare perchè dicono che si apposta alle uscite dei fiumi che qua chiamano foce ed assale qualsiasi cosa si trovi davanti. Ogni tanto in cucina apro per pulirle queste bestie di quattro cinque chili a volte anche di più e dentro ci trovo dei topi di fogna. Eppure qui i turisti vanno pazzi per il luasso. Non i genovesi, capitemi, che non vanno quasi mai al ristorante e non hanno passione per il pesce, ma i foresti piemontesi lombardi francesi e svizzeri che spesso lasciano tutto nel piatto e mangiano con avidità la testa.Qui mi dicono che parlo strano, ma anche io ogni tanto non li capisco, perchè quando parlano sembra sempre che si mangino le parole. Tutti dicono che il 1915 sarà un anno speciale. L'altro giorno a Corvetto non si riusciva a passare dalla gente in paglietta che c'era. Erano tutti a testa alta ad applaudire entusiasti un signore che parlava di guerra e terre d'Istria che poi io questa Istria non so manco dove sia. Nel ristorante dove lavoro ho conosciuto un giovane elegantissimo molto importante che si chiama Gozzano. L'altro giorno è tornato in tutta fretta in albergo perchè aveva preso troppo sole ed aveva iniziato a sputare sangue. Dicono che è grave. per il resto mi passo il tempo con un amico che ho conosciuto al cinema. Si chiama Antoniotto Bacigalupo e ogni tanto mi urla "Si sta bene a Genova vero, gabibbo!"E ride con la sua bocca tutta sdentata. La verità è che mi mancate tanto, voi, il paese, Crocefissa, Salvo, Tano e Rocco. Vi abbraccio forte. Il vostro Nunzio.Mauro Salucci©
g.14. L'accattonaggio.
Nel primo dopoguerra si ebbe in Genova una recrudescenza dell'accattonaggio. Non si trattava di un accattonaggio occasionale, ma abitudinario e a volte studiato a tavolino da organizzazioni criminali. Succedeva che, al calar dell'autunno, scendessero a frotte dalle regioni limitrofe gruppi di persone che si dedicavano all'elemosina. Ne fu un esempio la popolazione di Villa Minozzo di Reggio Emilia, un nucleo di abitanti (perlopiù donne e bambini) che con l'autunno venivano n...el capoluogo ligure a svernare. Furono così identificati e risultarono essere tutti appartenenti alle famiglie dei Giacopelli e dei Cecchelani, spesso parenti fra loro. La pubblica Sicurezza, negli anni '20 del secolo scorso cominciò ad arrestarli, sequestrandone i proventi e facendoli tornare forzosamente ai loro paesi. Le indagini appurarono che questi mendicanti guadagnavano di media la cifra di lire 10.45 al giorno , in tempi nei quali un impiegato non arrivava a 300 lire mensili di stipendio. La polizia, all'epoca, sapeva fare il suo lavoro e venne scovata una "cupola" di venti mendicanti proprietari di 22.858 lire occultate. Un personaggio colorito dell'epoca fu la "Scia Elena" di Portoria (nella foto), una paranoide che raggiunse i novantuno anni vivendo per strada e stazionando sotto i portici di Via XX Settembre questuando per i suoi cani e gatti. Sempre carica di medaglie, sosteneva di essere parente del Re. D'altro canto il problema non era nuovo, se una grida della Repubblica Genovese del 1590 recitava "...tutti i vagabondi così terrieri come forestieri e di qualunque condizione si siano, i quali si ritrovano in detta città, debbano partirsi da essa tra quattro giorni e dal dominioi della Repubblica tra otto giorni sotto pena della galera per tre anni e che sotto la stessa pena non possino più in detta città e dominio entrare. e che li montagnari mendicanti tanto sudditi quanto forastieri, i quali sono venuti alla città da anni in qua, si debbano partire da detta città et ritirarsi alle loro case, ossia alle primitive loro habitationi, li sudditi fra quattro giorni et li forastieri tra otto giorni sotto le pene dette sopra."
g15. Ospedale Gaslini di Genova, 1938: una suora pesa un bambino . Il Senatore Gerolamo Gaslini (Monza, 3 luglio 1877 – Genova, 9 aprile 1964) non aveva competenze mediche. La sua vita fu segnata per sempre dalla perdita dell'amata figlia Giannina, mancata all'età di dodici anni per una peritonite. Da quel giorno decise che il compito della sua vita sarebbe stato quello di alleviare le sofferenze dei bambini e ove possibile, salvarli dalle malattie. Nel 1949 arrivò a vendere pure la sua abitazione, insieme ad un immenso patrimonio societario ed immobile per fare confluire il tutto nella Fondazione Gaslini. Fece tutto nella consapevolezza di non essere un medico, ma di volere fare di tutto per il potenziamento della ricerca scientifica . l'Istituto nei decenni ha raccolto attestati d'eccellenza da tutto il mondo, soprattutto grazie all'oculata azione di professionisti della medicina e della ricerca. Oggi questa eccellenza ospedaliera funziona a pieno ritmo con 22 edifici, fedele al suo motto "PUERIS FLORIBUSQUE LUMEN SOLIS" (Ai bambini e ai fiori la luce del sole.) Mauro Salucci
g16. Per non dimenticare: "È stata l'esperienza più dura della mia vita. Rimasi orfana a 13 anni e venni affidata ai miei zii. Dopo solo due anni ero già al lavoro. Ci chiamavano <<ragazze di fabbrica>>. Improvvisamente smisi di giocare, di fare tutto quello che fanno le giovani a quell'età. Fui assunta alla Ceramica ligure Vaccari di Borzoli, dove rimasi dal 1934 al 1942. In quegli anni sono arrivata addirittura a sperare di finire sotto una bomba: almeno sarebbe finita, e non se ne parlava più. Venni affidata al reparto piastrelline. Fu la mia salvezza, perchè negli altri reparti della fabbrica, dove si trattavano le materie prime, c'era un tasso di mortalità altissima. I casi di silicosi, anche fra giovanissime ragazze, erano all'ordine del giorno. Spesso la malattia veniva scambiata per tubercolosi e le cure, date di conseguenza, provocavano decine di morti fra le operaie. Chi vive in questo tempo non può capire le difficoltà di allora. Più volte ebbi pensieri suicidi. Sentivo i morsi della fame da mattino a sera e il lavoro in fabbrica mi dava la possibilità di avere unicamente un tozzo di pane alla fine della giornata. D'inverno si moriva di freddo. Quando ero certa di non essere vista, portavo una mattonella vicino al fornetto: la riscaldavo e la tenevo sotto il grembiule. Nonostante tutto eravamo giovani e spesso ci veniva da canticchiare, ma questo era accolto malissimo dai sorveglianti. Il lavoro ci consumava i polpastrelli, che spesso finivano col sanguinare, ma lavoravamo a cottimo. Non potevamo fermarci mai. Poi mia zia si ammalò e tutto quello che guadagnavo serviva per i medicinali. Spesso andavo in fabbrica anche con 39 di febbre. Finalmente nel '42 venni assunta come donna di servizio. Anche lì non furono rose e fiori. Ma almeno stavo al caldo. L'unico conforto oggi è il ricordo delle amicizie di quei tempi. Ricordi unici ed indelebili di sorrisi nella sofferenza." Rosa
g.17 Mauro Salucci@Era il gennaio 1924 e già si scriveva sul settimanale "L'illustrazione del Popolo", supplemento del quotidiano torinese "La Gazzetta del Popolo" della creazione della Metropolitana di Genova. Inaugurazione del primo tronco Sampierdarena - De Ferrari nel 1927; termine lavori per l'esercizio completo nell'anno 1930. Si legge "La metropolitana, la prima aperta all'esercizio in Italia, sarà dotata di autovetture più ampie e più celeri di quelle attualmente in uso nelle grandi metropolitane delle capitali estere. Come è facile pensare la metropolitana ha per Genova una importanza eccezionale. per la particoare topografia della città, lo sviluppo edilizio va sempre più estendendosi nel senso longitudinale, parallelo alla costa, ed il movimento delle linee tranviarie attuali non può più svolgersi in modo adeguato alle esigenze della vita e del traffico di questo grande centro marittimo. D'altra parte i dislivelli fortissimi tra i diversi punti della città non permettono un nuovo ampliamento della sede stradale... La metropolitana sarà tutta sotterranea spesso a quota inferiore al livello del mare. Avrà un percorso complessivo di 16 chilometri... in diretta comunicazione coi punti vitali del traffico e con i capisaldi delle reti ferroviarie e tranviarie e delle funicolari...tre grandi linee: la Centrale, la Circonvallazione a Monte, la Circonvallazione a Mare..." Partenze ogni 5 minuti e capienza di 500 persone. La retorica fascista finì nell'oblio alle prime difficoltà e non se ne fece nulla.@Mauro Salucci