top of page

b.     Centro Storico.

b.1 Via del Campo

Una Via del Campo come la conobbi io, quando Umberto Bindi, perchè non aveva i soldi per acquistare i dischi, andava ad ascoltarli da Gianni Tassio. Lo trovavi nel negozio, con le cuffie intento ad ascoltare col disco che girava. Sulla sinistra, l'Osteria in cui mi fermavo con gli altri spazzini a mangiare focaccia e bere vin giancu, ai tempi dell'Università.Via del Campo si svolge sopra un'antica strada romana che si snodava poi verso ponente superando Colle degli Angeli e Promontorio, scendendo poi verso la vallata del Polcevera.. Nel 1142 la famiglia dei Vacchero acquistò i terreni dai Benedettini di San Siro ed iniziò ad edificare. Non tutti i palazzi allora presenti erano come quelli attuali. Tante case erano in legno. Sulla strada esercitavano diritto di passaggio (dazi, ecc...) i Marchesi di Gavi. All'altezza del Fossatell, dove sfociava il Rivo del Carbonara, si trovava la "Spiaggetta dei Rebuffi", menzionata nel 1428 da Giorgio Stella. La Porta dei Vacca fu realizzata sulla copertura del Rivo di Carbonara, detto anche "flumen sancte Fidei" dalla vicinanza della Chiesa di S. Fede di Via di Prè. da notare che fra le due Torri della Porta dei Vacca esiste un dislivello dovuto alla pendenza dell'acqua dell'acquedotto cittadino che era posto sopra le mura. Dalle torri era possibile controllare i "bronzini" che alimentavano le fontane pubbliche.Mauro Salucci©

 

b.2 Il Paxo. I nemici di Genova. 

Pongo il Palazzo Ducale nell'ambito del Centro Storico in virtù delle ultime modificazioni delle mura. Alzando lo sguardo sulla sommita' della facciata di Palazzo Ducale, si notano le statue di otto personaggi incatenati: i nemici storici della Genova che vince ed imprigiona. Da destra, il primo è il pirata Mugiahid che fece scorribande all'inizio dell'anno mille nei possedimenti di Luni e di Sardegna. I genovesi gli massacrarono la famiglia e gli confiscarono tutti gli averi in collaborazione con i pisani, con i quali, quando ci fu da dividere il bottino, furono scintille. Il secondo è Giacomo Marsano, fatto prigioniero con  il re d'Aragona nel 1435 all'Isola di Ponza. Segue il pirata Dragut, catturato in Corsica da Giannettino Doria. Pare fosse particolarmente "simpatico" alla di lui moglie. Segue l'Ammiraglio di venezia Pisani, sconfitto astutamente nel Peloponneso da quel corsaro di Pagano Doria. La quart'ultima statua, quella vicino ad Enrico di Aragona, è attribuita ad un re saraceno sconosciuto alla storiografia che probabilmente fu il monarca di Maiorca, di cui Genova ebbe ragione nel 1230.Vicino, troviamo Enrico d'Aragona, collegato alla vicenda del  Marsano. Segue Alberto Morosini, sconfitto nella Battaglia della Meloria ed infine Giacomo Lusignano, re di Cipro, che rimase nelle carceri liguri un decennio intero. La realizzazione di queste statue è databile intorno alla seconda meta' del XVIII secolo, ad opera degli scultori Traverso e Ravaschio.Mauro Salucci©

 

b.3 La congiura dei Vachero.

Dimorava allora in Genova l’ ambiziosa famiglia dei Vachero, ricchi borghesi titolari di proprietà nella zona di Porta dei Vacca fin dal XI secolo.
L’acceso capo della congiura, Giulio Cesare Vachero, originario di Sospello nella contea di Nizza, già soggetto quindi all’autorità dei Savoia, pare fosse noto alle cronache giudiziarie quando nella primavera del 1626, fu accusato di complicità nella congiura genovese di Vincenzo De Marini ma fu scagionato per mancanza di prove. Ci viene tramandato che uno dei giudici istruttori lo definisse: ‘’persona d’inclinazione mala e perversa, dissimulatore e sanguinario, bugiardo e senza fede spinto dal desiderio di sensualità più sfrenate e licenziose’’.
Istigato da un certo Ansaldi, voltrese ma residente a Torino, agente diplomatico e finanziatore per conto di Carlo Emanuele di Savoia, il Vachero ci riprovò assieme al famoso medico Zignago ed altri oppositori: avrebbe dovuto far insorgere la popolazione uccidere i capi del governo oligarchico, sterminare i nobili e chiedere l’intervento armato di Carlo Emanuele già sul piede di guerra con le guarnigioni di Alba e Acqui.
Colpo di scena, ci fu un ripensamento! Uno dei congiurati denunciò i propri compari la sera prima dell’evento. Vachero arrestato, fu sottoposto a orribili torture prima durante e dopo l’inevitabile processo ma restò muto salvo quando, condannato al capestro, chiese a gran voce di essere decapitato. L’accontentarono; nella notte tra il 30 ed il 31 maggio 1628 fu giustiziato assieme ai complici Zignago, Silvano e Fornari. Ancor oggi in piazza Vachero, a metà della via Del Campo tanto cara a Fabrizio De André, fa mostra di se una colonna che al contrario di quella di manzoniana memoria, poi abbattuta nel 1778, continua a ricordare l’infame tradimento. L’iscrizione recita (traduzione):

‘’A memoria dell'infame Giulio Cesare Vachero, uomo scelleratissimo, il quale avendo cospirato contro la Repubblica, mozzatogli il capo, confiscatigli i beni, banditigli i figli, demolitagli la casa, espiò le pene dovute’’.

La famiglia Vachero in seguito, al fine di nascondere l’infame colonna, ottenne il permesso di costruire una fontana che ancora oggi copre, per gran parte, la storica ‘vergogna’.Mauro Salucci©

 

b4. Il sistema dei Rolli.

42 edifici a Genova , sono stati dichiarati patrimonio dell'Umanita', a Vilnius, nel 2006. Si tratta dei Palazzi dei Rolli, edifici nobiliari che la Repubblica di Genova utilizzava per ospitare visitatori illustri e delegazioni straniere. A seconda della categoria di prestigio, gli edifici erano divisi in varie categorie e collocati in differenti "bussoli" in cui venivano introdotti i biglietti col nome del proprietario, a cui spettava per estrazione il compito dell'ospitalita' del foresto. Nella foto la Galleria degli specchi, Sala dorata, Palazzo Carrega.Mauro Salucci©

b.5 lettera di una besagnina.

(Lettera rinvenuta probabilmente apocrifa o scritta sotto dettatura al sagrestano di Bavari. da una popolana, sicuramente originaria della Valle Bisagno) "Stasera son passata dalla Porta di Sant'Andrea per l'ultima volta. Il mio muletto sta morendo di mal di cuore e non so se potrò comprarne un altro. Ultimo giro in Genova, ultimo dazio pagato alla porta a quegli sbirri di doganieri ce ne fosse uno simpatico tutti reclutati fra i pezzi di forca della peggiore s...pecie, resti vogatori di galere. Ultimo giro a Genova sono andata dai fraveghi per far riparare la catenina della Nina, la figlia dei vicini di Bavari. Sono riuscita a barattare qualche chilo di verdure fresche e a non pagare la riparazione. Visto che ero lì sono passata alle Vigne dai Vivaldi. La madre dei due ragazzi non si da pace. Sono ormai due anni che sono partiti e di loro nessuna traccia. Lei non vuole credere come non crederei anch'io al marinaio Gio Batta Usodimare che è tornato da una settimana dal Rio Amazzone e dice di avere incontrato l'unico rimasto vivo della missione. Dice il sagrestano della chiesa che due gabbiani reali hanno fatto il nido sul campanile ed incupiscono il suono delle campane ma nessuno vuole andare su a levarli perchè tutti dicono che sono gli spiriti dei due figli tornati a casa. Terminata la vendita delle verdure in piazza delle Erbe mi sono lavata gli occhi nella fontana insieme alla gente del borgo perchè era il Sabato Santo. Vivere in città è troppo pericoloso. Sono contenta di stare sul Bisagno dove non si incontrano certi pendagli di forca...in Genova si sa quando si esce ma non se si torna a casa.E' una città di matti. Mentre stavo andando verso le mura per tornare a Bavari ho sentito una freccia staccare un pezzo di arenaria da un muro: era uno sbirro di Palazzo Ducale che mirava ad un ladruncolo che scappava con chissà cosa. Anche questi sbirri, a me sembrano peggio dei delinquenti: li ho visti mentre uscivano dalla tripperia. Mangiano per strada come porci ingozzandosi di fette di pane con burro caldo e trippa. Non mi piace la città. Me ne frego se qui mi dicono con disprezzo che sono solo una povera besagnina." M.S.

b.6. Gli ultimi Spinola genovesi e la loro cucina.

Gli Spinola.Una dinastia che fino al secolo scorso viveva nel Centro Storico e fino all'ultimo giorno venne servita con cibi preparati al momento in una grande cucina, oggi visitabile, contraddistinta da un basso soffitto, da un ronfò con piastrelle chiare con bordo blu, un mastodontico e bellissimo lavandino in marmo che percorre le pareti ed una cucina in ghisa firmata "Fumisti meccanici Francesco Baj". Ancora è possibile ammirare il vasellame d'epoca utilizzato dai vari cu...ochi che si sono succeduti nei secoli, contraddistinto dai nomi con la traduzione: stagnon (brocca di rame), grixella (graticola), muinello (frollino), bulacchin (secchiello) e tanti altri.Franco Spinola, della gloriosa stirpe degli Spinola genovesi fu presidente dello Yacht Club di Genova dal 1945 al 1948. Appassionato cultore di letteratura romantica francese in lingua originale, non si sposò mai. A diciotto anni entrò all'Accademia Navale di Livorno, carriera che terminò con il grado di contrammiraglio partecipando attivamente ad entrambe le due guerre e le sue qualità gli valsero l'apprezzamento del Duca di Genova, Tomaso di Savoia che nel 1931 lo nominò suo aiutante di campo. Franco era particolarmente benvoluto dalla famiglia reale. Nella villa degli Spinola di San Michele di Pagana intrattenne la Regina Margherita assistendo a diverse regate veliche. L'atto di amore per Genova, la sua città di origine, si concretizzò il 31 maggio 1958, quando con il fratello Paolo donò allo Stato il palazzo di famiglia di Pellicceria, nel Centro Storico, con l'intero patrimonio artistico ivi custodito. Sia lui che il fratello dovettero prendere questa decisione quando, anziani e senza figli si trovarono a dover decidere che fare di questo magnifico palazzo il cui ultimo rinnovo decorativo risaliva al 1734 da partre di Maddalena Doria Spinola. Franco morì nell'anno 1958, Paolo nel 1969 e tutti e due crebbero nel Palazzo di Pellicceria, Il padre era Ugo Spinola, del ramo dei Luccoli e la madre Serra Solferina (nata il giorno della battaglia di Solferino) che diede vita ai due più ad un Giancarlino, che però morì all'età di due anni. Il fratello Paolo, a differenza di Franco, si sposò con una conterranea, Virginia Peirano, che però si invaghì di un inglese Steven Courtland e sparì con questi in Uganda dove fondò un museo a Kampala.Mauro Salucci©

b.7. Rubens a Genova. Asse Genova - Anversa

Solo nel 1900 i disegni di Rubens dei Palazzi di Genova vennero rinvenuti e donati in seguito al Royal Institute of British Architects di Londra. La prima edizione de "I palazzi di Genova" risale al 1622, quando l'artista, che all'epoca era il più famoso pittore vivente, fece stampare a sue spese un volume con 72 incisioni di palazzi dell'epoca. Le incisioni erano state eseguite da Nicola Rickermans ed illustravano 12 palazzi. Nella seconda edizione le illustrazioni di ville... e palazzi divennero 139. Pier Paolo Rubens rimase impressionato nel profondo dalla sontuosità di questi palazzi e fece da tramite per portarne a conoscenza le famiglie patrizie che risiedevano ad Anversa, con la quale intavolò un interscambio culturale ma anche politico e diplomatico, perchè i palazzi oggetto delle sue attenzioni corrispondevano alfine ai "Palazzi dei Rolli" che venivano destinati ad ospitare le delegazioni estere e gli ospiti della Repubblica.Mauro Salucci©

b.8. Il Porto Franco ed il predominio del frumento.

Chi distrattamente passeggia nel Porto Antico di Genova, magari sgranocchiando dello "street food" acquistato nell'antica friggitoria Carega di Sottoripa, si sarà facilmente immesso in un'area pedonale in prossimità di Palazzo san Giorgio che volutamente, secondo il progetto, rileggeva la Strada Nuova (Via Garibaldi) in versione commerciale. Alla destra troviamo, nei pressi dell'attuale ascensore Bigo, l'edificio denominato Quartiere Millo. Parliamo del Portofranco di Genova..., una zona del porto di Genova che era esente da imposte di ogni tipo. In considerazione delle pestilenze e carestie che periodicamente si abbattevano sulla città, era importante avere un luogo in cui concentrare delle riserve alimentari. Questi magazzini, denominati "quartieri" sopravvissero addirittura fino alla costruzione della sopraelevata che impose la demolizione di più edifici. (Nella foto, l'ingresso del Portofranco, demolito nel 1962). Nel 1500 la flotta genovese svolgeva un traffico di circa 15.000 tonnellate di merci. Fu in particolare lo stoccaggio del grano ad interessare non solo l'area del Mediterraneo, ma anche i produttori del Nord, che grazie a questo punto esente da imposte trovano un formidabile e conveniente strumento logistico per il commercio dei loro prodotti. Solamente fra il 1590 ed il 1592 entrano nel Porto di Genova ben duecento navi per un totale di 36000 tonnellate di carico.Mauro  Salucci©

b.9. Oscura la zona delle Vigne, che diede i natali ai fratelli Vivaldi partiti per nuovi commerci e mai più tornati. Essi inaugurarono col loro sacrificio la storia delle esplorazioni geografiche. Qui, raccontano antiche tavole, si produceva dalle numerose viti una bevanda deliziosa dal sapore di rosolio.I dintorni brulicavano di bottai, ma si racconta anche di un macellaio di nome Antonio che alle Vigne lasciava pascolare liberamente le sue vacche. Sotto un archivolto troviamo un bassorilievo che ci narra di Alcesti, Eracle ed Admelo in facciata di un sarcofago dove giacque un alchimista, Anselmo d'Incisa, medico ed astronomo del Trecento. Le sue ossa hanno qui riposato per secoli indisturbate insieme a quelle di tale Leonora Doria e del loro figlio. Sul sepolcro è incisa una data di morte probabilmente errata (1304) se è vero, come risulta da un atto notarile, che Anselmo e la moglie acquistarono nel 1308 un'abitazione nei pressi degli attuali Piani di Sant'Andrea. Non ci dilunghiamo nel racconto del bassorilievo ma diamo contezza della figura di Anselmo d'Incisa, esperto di astronomia e di eclissi ma anche importante guaritore che all'epoca prestava cure a Bonifacio VIII e Filippo il Bello con unguenti a base di melanzana, aloe, verbena e pimpinella. L'origine della preziosa lastra tombale è da ascrivere alla zona del Mar Morto o dell'Egeo. Mauro Salucci .

b.10. Chi entra nella Farmacia Montini ,nei pressi di Porta di Vacca, si rende subito conto di non entrare in un posto qualunque. Appartenente un tempo ai parenti di Papa Montini, Paolo VI , già nel 1320 ospitava un sensale. Il negozio, in stile minimalista ma pulitissimo, conserva quello che rimane sugli scaffali di un patrimonio di strumenti scientifici e farmaceutici in particolare. Ceramiche e vetri per unguenti di cerusa, ferri chirurgici e mezzo metro di clistere in peltro, per veterinari del 1700. Solo alcune di queste amenità sono esposte. Il Dottor Amisano nel retrobottega ha un notevole museo, che contava anche 1500 pezzi di minerali poi donati al Museo Doria. Questi farmacisti hanno curato i baroni ed i marchesi di via del Campo, ma anche i contrabbandieri e la mala di via Prè, venendo sempre rispettati da tutti. Mauro Salucci@

bottom of page